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Giurisprudenza - Giurisprudenza - Sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna
foto servizi.gifL'area edificabile sulla quale vengono esercitate le attività agricole non è soggetta al pagamento dell'imposta comunale sugli immobili. La Commissione tributaria regionale di Bologna, con la sentenza 183 del 30 settembre 2002, ha stabilito che il terreno, qualificato dal Comune come edificabile, posseduto dall'Istituto diocesano per il sostentamento del clero, sul quale vengono esercitate attività agricole non può essere assoggettato a imposta, in quanto è applicabile alla fattispecie l'esimente dettata dall'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 504 del 1992. Nel caso in esame, il principio affermato non può essere condiviso, posto che il giudice d'appello ha travalicato le richieste formulate dal contribuente, peraltro riconoscendo un beneficio non spettante. In primo luogo, è da porre in evidenza che se il contribuente non ha chiesto nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado il riconoscimento dell'agevolazione che compete ai coltivatori diretti (vale a dire la finzione giuridica di non edificabilità del suolo), questione che doveva essere riproposta nel giudizio di appello, il giudice tributario non poteva riconoscere il beneficio stesso senza una espressa richiesta della parte interessata, che si era limitata a contestare il valore dell'area accertato dal Comune. Ne consegue che, mancando tale espressa richiesta, la sentenza è illegittima poiché emanata in violazione dell'articolo 112 del Codice di procedura civile, che afferma il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Inoltre, la sentenza è priva di fondamento anche nel merito. Infatti, l'articolo 2 del decreto legislativo citato, prevede che sono considerati non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti o da imprenditori agricoli sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale. Al riguardo, l'articolo 58, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, dispone che, per quanto concerne le agevolazioni Ici riguardanti i terreni agricoli, così come previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 504, si considerano coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dall'articolo 11 della legge 9 gennaio 1963, n. 9, e soggette al corrispondente obbligo dell'assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia. La cancellazione dai predetti elenchi ha effetto a decorrere dal primo gennaio dell'anno successivo. Tale disposizione, assume rilevanza non soltanto agli effetti dell'applicazione delle agevolazioni previste dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 504 del 1992, sotto forma di riduzioni d'imposta, ma anche riguardo alla finzione giuridica di non edificabilità dei suoli. La qualifica di coltivatore diretto, ai sensi dell'articolo 2083 del Codice civile, implica l'esercizio di un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della propria famiglia. L'apporto lavorativo del coltivatore e dei familiari non deve risultare inferiore a un terzo del fabbisogno lavorativo dell'azienda, e il lavoro apportato dal solo coltivatore diretto non deve essere inferiore a 104 giornate annue. Ai sensi dell'articolo 12 della legge 153 del 1975, si considera imprenditore a titolo principale quello che dedica all'attività almeno due terzi del proprio tempo di lavoro e che ricava dall'attività stessa almeno due terzi del proprio reddito complessivo. Pertanto, come evidenziato dal Comune, mancavano i presupposti richiesti dalla legge per il riconoscimento del beneficio all'Istituto diocesano. Sergio Trovato

Sergio Trovato IL SOLE 24 ORE